Benvenuti nel nuovo sito dell’artista Alberto Cilia.
Questo è un blog, ma per me è un diario di viaggio all’interno della mia arte. Un posto dove memorizzare tutti i momenti del mio lavoro e della mia ricerca, che poi non è altro che il mio ‘sentire’.
Salvo il mio passato, che è stato una raccolta di lavori pittorici e decorativi, da ora in poi brevi cenni a quel trascorso.
Oggi posso affermare ponderatamente che, la storia del mio lavoro, mi ha consentito di analizzare, senza limite alcuno, il mio diverso addivenire.
La mia storia:
ho iniziato a disegnare e dipingere da piccolo ed ho smesso nel 2007.
Dovrei dire che artisticamente mi sono formato prima all’istituto d’arte e poi all’accademia di belle arti, ma non è così. Mi sono formato copiando i vecchi maestri e frequentando gli studi d’arte dei bravi artisti che lavoravano nella mia città e che vivevano del loro lavoro. Quanti bei momenti trascorsi ad ammirare la sapienza e il plasmarsi di materie quale l’argilla nelle sapienti mani del maestro Giuseppe Criscione prendere man mano forma e diventare forma espressiva alta nelle sue sculture, nei suoi presepi. Quante notti ad ammirare le pennellate dei dipinti di Giorgio Cavalieri. A scuola si studiavano gli artisti e le loro opere e di notte vedevo nascere le opere negli studi degli artisti, ma non solo: quando frequenti un artista impari a vedere e percepire il mondo in modo diverso.
Lo studio della natura unito ad una grande osservazione mi portò ad affinare la mia tecnica pittorica. In gioventù ho dipinto numerose marine. Il mare mi ha sempre affascinato e diventai bravo nella sua rappresentazione. Terminato gli studi presso l’accademia di belle arti, la mia attenzione si focalizzò verso una figurazione che prendeva spunto dalle opere di Edward Hopper. Trovai interessante la rappresentazione dell’uomo inserito in una problematica di comunicazione. Dipingevo grandi quadri nel mio piccolo studio in terrazza a casa dei miei genitori. Mia madre saliva a portarmi il caffè e si soffermava a parlare un po’ e vedere a che punto fosse il lavoro. Non è che non gli piacessero, ma non amava che una persona in un dipinto la guardasse. Non dimenticherò mai la sua frase: “ma perché non torni a dipingere il mare, quei quadri erano tanto belli” e io, “mamma devo portare avanti la mia ricerca”. Non è un caso che adesso mi trovo qui a ricordarla a quattro anni esatti dalla sua prematura scomparsa.
Negli anni giovanili feci diverse mostre, e apri uno studio d’arte dove oltre a portare avanti la mia ricerca artistica eseguivo lavori su commissione. Il mio nome iniziò a circolare e il lavoro pian pianino iniziò ad aumentare. Ai dipinti su commissioni si uni la richiesta del pubblico specializzato per le decorazioni d’interni, dove ho eseguito diversi Trompe-l’Oeil e decorazioni varie. Il lavoro da decoratore insieme ai lavori su commissione prese il sopravvento e di conseguenza si ridusse, fino a quasi annullarsi, il tempo per la mia ricerca artistica.
Poi c’è un’altra verità, sicuramente più grande, che nessun artista si vorrebbe mai sentir dire: nonostante tutta la ricerca, la tecnica e l’assiduo lavoro, i lavori prodotti non ci soddisfano. Manca qualcosa.
Cosa?
Ci sono opere d’arte che parlano, anzi gridano nella loro staticità e silenzio.
Tu senti quelle urla quando ci parli nei musei o quando li vedi a video, e quelle emozioni non passano solo dal cervello ma arrivano in profondità, fino ad accarezzarti l’anima. Ecco, questa parte cosi nascosta e profonda mancava nel risultato del mio lavoro e cosi nel 2007 ho tagliato con le decorazioni e ho smesso di dipingere per ben 10 anni.
Nel frattempo ho insegnato arte, ho creato una piccola azienda che commercializza riproduzione artistiche di pregio, la mia Shopart con marchio depositato e sono entrato di ruolo per insegnare decorazione presso le accademie di belle arti statali. Attualmente sono in servizio presso l’accademia di belle arti di Reggio Calabria.
Ma 10 anni di silenzio artistico per chi fa arte sono terribili.
Eppure tutta quell’arte fruita per via della creazione della ShopArt, avrà sicuramente pian piano aperto una breccia nella mia anima.
Sicuramente la fiammella non si è mai spenta.
In realtà credo che una artista dovrebbe “addomesticare” il suo lato razionale per dare più voce al suo lato “emozionale”. Nelle scuole si parla troppo, si cerca di spiegare il proprio lavoro, le motivazioni delle proprie scelte. Basato sulla razionalità si costruisce il proprio linguaggio artistico, se lo vogliamo chiamare il proprio stile. Ma le scelte razionali stancano, al contrario quelle emozionali, no. Anzi attraverso l’emozionalità ci sentiamo più vivi.
E cosi, dopo 10 anni di silenzio artistico, un giorno presi carta e pastelli e iniziai un lavoro, e per la prima volta nella mia vita riuscì a staccare il cervello per abbandonarmi alle pure emozioni. Mentre sfregiavo i colori sul disegno, i miei occhi abbandonarono il quadro e il mio sguardo si rivolse altrove, fuori dalla finestra ma le mie mani continuavano a lavorare sul pastello. Le dita prendevano i pastelli dal contenitore e (non so come) andavano a posarsi nel punto giusto del quadro. Continuavo a sfumare con dita e palmo della mano quando, incredibilmente, mi resi conto che mi ero ‘perso’, fuori da ogni forma sia temporale che di spazio, senza guardare cosa stessi facendo. Tornai con mente e occhi sul lavoro: era bellissimo.
Non so cos’era successo e come tutto ciò sia successo.
So solo che durante quell’esperienza mi sono sentito sollevato, con una sensazione di pienezza incredibile.
Io credo, fermamente, che mentre i miei occhi razionali guardavano fuori dalla finestra, gli occhi della mia anima hanno lavorato al mio quadro.
E’ da quel giorno ho ripreso a dipingere solo per me stesso.